Christian Kjellvander è un talentuoso songwriter svedese sulla scena ormai dal 1995. Di lui, con Songs From A Two-Room Chapel alla prima uscita solista, si ricordano le scorribande lo-fi in compagnia dei Loosegoats, teenagers band (…attenzione, non boy band…) fra le migliori in terra scandinava. Dopo i brucianti exploit degli esordi, Christian si ferma un istante per riprendere fiato e dedicarsi alle sue radici, ispirandosi al suono che maggiormente l'ha forgiato. Songs From A Two-Room Chapel è un album orientato al suono americano, governato da atmosfere riflessive che spaziano da Leonard Cohen (Allelujah, potrebbe sembrare un caso di omonimia, ma non lo è: quella dell'artista canadese s'intitola Hallelujah) ai Velvet Underground (Rid), mostrando il lato malinconico del rock, qui rappresentato anche da qualche discreta border song (Log At 25, At The Rapids). Piacevole, intenso e cantato da una voce profonda, Songs From A Two-Room Chapel trova in viole, violoncelli e violini, dal taglio orchestrale ed ombroso, un alleato necessario per una serie di ballate accattivanti composte da uno spirito decadente ("Non hai vissuto fino a quando qualcosa che amavi è morto" da Oh Night). Le chitarre elettriche fanno capolino qua e la (Polish Daughter), mentre la produzione svedese impone un feedback tutt'altro che diretto. Infatti, cattiva abitudine tutta europea, Christian Kjellvander lascia che la propria spontaneità, fatta di pianoforte e chitarra acustica (Broken Wheels), venga traviata da arrangiamenti eccessivi. Questa è la sensazione che trasmette Homeward Rolling Soldier, brano apripista dal taglio rock, nel quale un ritmo incalzante (fra Springsteen ed i Rolling Stones di Paint It Black) viene devastato da un sintetizzatore di troppo. Superando lo scoglio si riesce a scorgere all'orizzonte un album di pregevole fattura. Bisogna solo lasciarlo girare nel lettore.
(Carlo Lancini)
Carlo Lancini | URL